Diario Letterario di un’italiana in Australia – Il mondo sta chiudendo
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Ho rimandato questo diario per settimane.
Il perché lo potete intuire, e le motivazioni legate a questo mio temporeggiare sono tante.
Le cose dette sull’argomento corona virus nelle ultime settimane sono state tantissime, i consigli e le raccomandazioni di tutti i tipo sono arrivati da ogni fonte, e io non volevo esprimermi troppo, per non sembrare fuori luogo, per non dire qualcosa di sbagliato, per non apparire inappropriata e magari cavalcare l’onda.
Consapevole anche che, al contrario di tutta la gente che mi legge, io fino a oggi potevo uscire di casa senza problemi, avere una vita normale e andare al lavoro ogni giorno, stavo a casa tanto tempo sì, ma avevo la libertà di fare quel che mi pareva.
Parlo al passato perché la situazione, in tutto il mondo, si evolve velocemente e cambia da un momento all’altro. Anche l’Australia, in questi giorni, ha preso delle decisioni forti per contrastare il diffondersi violento del corona virus, per evitare situazioni molto gravi, proprio come quella italiana.
Fino a ora ho avuto inevitabilmente sempre un pensiero a questo virus: sarà pure lontana, ma sono italiana comunque, e osservare il mio paese che soffre terribilmente non è piacevole; poi tutta la mia famiglia e la maggior parte delle persone a cui voglio bene sono li, è inevitabile preoccuparsi. Ho per questo seguito costantemente notizie, dati, aggiornamenti, con la speranza che sta maledetta pandemia si fermasse senza fare troppi danni, ma la situazione è andata pian piano oltre. Queste cose voi le sapete, le state vivendo sulla vostra pelle ogni giorno chiusi in casa, non c’è bisogno che ve e dica io.
È brutto esser così lontani dai propri cari in un momento così difficile. Per quanto possibile, però, cerco allo stesso tempo di evitare di mostrare troppo le mie paure agli affetti che stanno in Italia, perché bisogna fare forza a chi questa situazione terribile la vive in prima persona.
Ho sentito tutti i miei amici, anche quelli che sento meno spesso; sono in costante apprensione e sono stata anche attenta molto a quel che pubblicavo sui social, tanto, forse un po’ stupidamente, da limitare le mie attività sulle piattaforme perchè il sovraccarico delle informazioni è molto e io non si sa perché mi vergognavo di mostrare a chi mi segue e non può uscire nemmeno per andare al lavoro, che sono/ero fortunata e ancora posso condurre una vita normale.
I miei amici internazionali mi hanno contattato chiedendomi come stanno i miei cari, se stanno bene. Qualcuno non ha fatto troppe domande, altri invece ci hanno addirittura scherzato su. Mi sono tenuta la preoccupazione per me, tutto sommato nelle ultime settimane.
Mentre la situazione italiana si inasprisce sempre più, e il virus inizia a fare il giro del mondo. L’Europa tutta si sta contagiando velocemente, e anche in Australia i casi aumentano.
Bene, come avete potuto intuire dal mio tono qui sopra, la situazione è cambiata anche in questo paese: ieri il presidente australiano ha annunciato la chiusura dei confini di molti stati, Tasmania compresa, e la chiusura di moltissime attività non necessarie in alcuni di questi.
Essendo lo stato che mi ospita un governo federale, ogni stato decide per sé e molti hanno già chiuso ristoranti e attività commerciali non strettamente necessarie.
Molta gente sta perdendo il lavoro da un momento all’altro: l’Australia è un paese con molti più immigrati dell’Italia (tra cui tanti lavoratori con visti provvisori come il mio) e già tanti ragazzi sono rimasti senza occupazione specie nelle città, e molti di loro cercano di andarsi a riparare in campagna nelle fattorie. Le farm sono già piene, spaventate e molte non assumono più backpackers perché potrebbero portare da loro il virus.
Ovviamente, visto il clima generale, inizio a vedere il panico negli australiani: prima hanno svuotato gli scaffali dei negozi della carta igienica (ancora sto cercando di capire perché), poi hanno iniziato a fare razzie di cibo; da ieri alcuni di loro dicono su internet, nello specifico in gruppi su Facebook vari ed eventuali, a tutti gli immigrati come me di tornarsene nel proprio paese, perché stanno rubando il lavoro ai locali a casa disoccupati.
Insomma, capirete che la situazione sta degenerando in fretta anche qui, con prospettive dure e confini chiusi, con un futuro incerto senza poter sapere cosa succederà dall’oggi al domani.
Vorrei precisare che questo mio articolo non vuole assolutamemnte ergermi a vittima, perchè ci sono persone che stanno peggio di me, e probabilemente tutti quelli che stanno leggendo questo articolo sono chiusi a casa da due settimane e lo saranno ancora per un po’.
L’ottimismo è però difficile da mantenere al momento, per ora ancora lavoro, ma la mia situazione è precaria e mi aspetto di rimanere a casa tra qualche settimana, se non prima; e la mia famiglia rimane sempre in Lombardia, la zona più colpita da sto virus.
Nonostante però le mie prospettive per il futuro sono nebbiose, come tante altre persone, difficilmente potrò uscire dallo stato, ma in qualche modo conto di sopravvivere.
Nelle ultime ore, presa un po’ dal panico, ho addirittura valutato di prenotare un volo e rientrare per non rischiare di rimanere in Tasmania chiusa per almeno sei mesi (questo è il suggerimento che ha detto ieri il presidente australiano) ma poi penso responsabilmente: dove me ne vado? Non credo di poter essere stata contagiata, isolata come sono ultimamente, ma come posso saperlo. E nel caso in cui riuscissi seriamente a tornare in Europa, cosa improbabile perché i voli per l’Italia sono tutti cancellati, se non avessi contratto il virus qui, lo prenderei facilmente li.
Vi confido, come potete facilmente intuire, che le mie idee sono confuse e non vi ho fatto nulla per nascondervi che la situazione attuale del mondo mi spaventa, ma almeno che l’Australia non mi cacci dal paese, tranquilli, non mi muovo.
Io non voglio pontificare sul futuro ora, ma mi auguro solo che passi questa situazione il più presto possibile e che tutti tornino a vivere un po’ più normalmente, magari con un po’ di consapevolezza in più.
Non lo so se l’Italia, l’Europa, il mondo cambierà dopo questa epidemia; non so se l’economia sarà spezzata o ci sarà una veloce ripresa; non lo so se tutti sopravviveremo a questa cosa purtroppo.
L’unica cosa che si può fare, secondo me, è stare uniti, anche se a volte migliaia di chilometri ci separano, e supportarsi e farsi forza a vicenda. Ci siamo dentro tutti, ci rialzeremo di certo, anche se non si sa tra quanto.
Di questo diario ne è uscito uno sfogo personale, e costatata la timidezza che mi contraddistingue su alcune cose di cui un po’ mi vergogno, ma ho trovato solo questo modo per comunicarvi cosa mi è successo nelle ultime settimane, e in fondo questo è un diario, e da diario lo ho trattato.
Spero che la maggior parte di voi stia bene, che stia agendo in maniera responsabile per sé e la comunità, che stiate leggendo un sacco di libri per passare meglio la quarantena; anzi se volete qualche consiglio in più, non esitate a chiedermelo!
Vi abbraccio tutti
Giorgia
Founder di Book-tique.
Nata nel varesotto alla fine dei gloriosi anni ’80, adottata da Trieste in giovane età e infine emigrata per qualche anno in Australia, e rimpatriata.
Nella vita ho fatto un po’ di tutto, ma le due costanti sono state l’amore per i libri e la passione per la scrittura. Per questo ho deciso di aprire questo blog e parlare con frequenza di libri e di quel che ruota attorno a loro.
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