Diario letterario di un’italiana in Australia Capitolo 29

Diario Letterario Di Un’italiana in Australia – Capitolo 29 – From Cairns To Hervey Bay

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Buon venerdì lettori.

Dopo le mie vacanze ufficiali, torno a parlarvi della mia vita australiana, che si fa ogni giorno più interessante con questo nuovo Capitolo 29. Magari voi direte: “ma che ce ne frega a noi” o “interessante de che“, ma il mio ego ormai è troppo abituato al mio sfogo settimanale che non se ne può più fare a meno.

Questa settimana c’è tanto da raccontare, perché sono in viaggio verso Perth, con la nostra adorabile macchinina, e nonostante il viaggio sia appena iniziato ho già molto da dirvi.

Venerdì scorso come sapete sono tornata in Australia dopo un pesantissimo volo notturno, culminato con degli esilaranti controlli estremi all’aeroporto su Federico (si povero, la mia dolce metà non deve avere una faccia raccomandabile, e questa volta la sicurezza aeroportuale gli ha svuotato l’intero zaino facendogli delle domande nelle quali si sospettava fosse un narcotrafficante, con miei ghigni di incredulità e divertimento) e un accoglienza australiana un po’ traumatica: abbiamo scoperto che venerdì santo in questo paese è una public holiday, e non c’era nemmeno un autobus per tornare a Mareeba fino al giorno successivo.

Dopo un non troppo costoso Uber abbiamo recuperato tutta la nostra vita racchiusa in pochi zaini dentro la nostra auto, salutato i vecchi coinquilini con un “speriamo di rivederci prima o poi” e siamo tornati in città per riposare, con l’intento di ripartire il giorno successivo.

Il giorno dell’inizio del grande viaggio, dopo uno stop per schiarirci le idee e per fare rifornimento di viveri, partiamo con come prima tappa Mission Beach.

Due ore circa di auto ci portano in una delle spiagge più grandi che io abbia mai visto in vita mia, dove la pace regnava sovrana, e soprattutto dove c’erano pochissime persone.

Lo stop previsto è molto breve, e dopo il nostro bel pomeriggio al mare ci rimettiamo in viaggio con l’intento di passare la notte a Townsville facendo i conti senza l’oste: con tre ore di viaggio previste, partiti alle sei di sera e senza aver calcolato che i campeggi potessero chiudere presto, ci ritroviamo senza un luogo dove andare. Prenoto al volo l’unico ostello che trovo su Booking.com (mio fedelissimo amico in questo periodo) e andiamo a rifocillarci per la notte.

Segnare sul taccuino di viaggio: mai più partenze serali, muoversi verso un posto incerto di giorno!

L’ostello è accogliente, e decidiamo il giorno seguente di andare a vedere Magnetic island, isolotto che si affaccia proprio sulle coste di Townsville.

Il giorno due del nostro roadtrip, mezz’ora di un lentissimo traghetto ci porta a Magnetic island. Li andiamo a far trekking per un cammino molto popolare, con un fortino militare risalente alla seconda guerra mondiale; ma specialmente ci andiamo perché il parco in questione ospita una cospicua popolazione di koala selvatici.

La prima parte del nostro cammino è stata lenta, faticosa (solo per me faticosa, as usual ho problemi con le attività fisiche) e sotto il solo cocente; in più niente koala. Echec***, pensavo, che ci sono venuta a fare; che si va a fare trekking su un isola invece che andare in spiaggia? Positività portami via, diciamolo.

Ma il ritorno è stato molto più soddisfacente e mi ha dato un motivo per quello sforzo apparentemente inutile (sempre per me) da due avvistamenti di pucciosissimi koalini. E la fatica è stata scordata. E si, avrei voluto adottare anche i koala.

Fede è arrivato alla conclusione che prima o poi ricostruirò l’arca di Noe a casa nostra.

Dopo la camminata andiamo a buttarci su una spiaggetta nascosta (anche questa semidesterta e bellissima) e passiamo così il resto della giornata prima di tornare sulla terra ferma.

Rientrati in ostello si progettano le prossime tappe: nuova metà Airlie Beach, località turistica che sta di fronte alle Whitesunday islands, che ospitano Whitehaven Beach la spiaggia più bella dell’Australia.

Premetto che questo posto lo voglio vedere ancora prima che io arrivassi qui in questo lontano paese, ed ero super emozionata per la cosa. Ma come al solito, quando voglio una cosa troppo ardentemente, qualcosa deve andare per forza storto. Qui diciamo che tutto è andato storto, dai.

Arriviamo in questa bella cittadina, troviamo un campeggio fichissimo dove stare, sistemiamo tenda e cose varie (che si è rivelata un po’ piccina, ne abbiamo dovuta comprare un’altra!) e fin qui tutto bene. Andiamo a prenotare il tour per il giorno dopo, e questo altezzoso impiegato di tale agenzia turistica locale ci dice “eh ma per domani mica c’è posto, è Pasqua bisogna prenotare almeno con un giorno in anticipo”. Al che io dico “mi spiace non lo sapevamo” e lui “‘ma Pasqua è una festa internazionale “. E io li basita F4 come non mai; pezzo di genio secondo te non so che ci sono le vacanze di Pasqua? Non proprio sveglio. Boh, prenota, dopo averci ancora sbeffeggiato per il tour che avevamo scelto, ma ci fa pagare lauti dollari per la metà turistica più desiderata di Australia.

Finite le incombenze torniamo in campeggio e li inizia il disastro vero: inizia a diluviare. E noi che non siamo dei campeggiatori espertissimi, ci troviamo bagnati dalla testa ai piedi, ma se possibile anche di più. E non smette di piovere, per due giorni. E noi, che abbiamo prenotato una notte in più proprio per andare a Whitehaven bestemmiamo sommessamente. E continua a piovere e noi siamo sempre più bagnati.

Passati questi due giorni fradici e tempestosi, il giorno della gita piove ancora, e se possibile sempre di più. Andiamo al porto con l’idea di non andare più e farci rimborsare il tour, ma l’impiegata ci dice che non si può. Bene ma non benissimo, non butteremo i nostri soldi: andiamoci dai su questa benedetta spiaggia, nonostante il temporale.

Ma proprio in quel momento è accaduto il miracolo: la stessa impegnata che ci dice che non possiamo cancellare e essere rimborsati ci dice anche che non trova la nostra prenotazione. Cerca ancora un po’ e la prenotazione non esiste, e ci dice che siamo fortunati perché in questo modo possiamo essere rimborsati! Yeah. Andiamo di nuovo all’agenzia e la signorina che ci accoglie ci chiede scusa (ma noi siamo più contenti cosi) e ci dice che il suo collega (il bullo) aveva sbagliato e che non era bravo nelle prenotazioni. Eh beh bravo, eh. Giusto per essere carina, trattengo tutte le parolacce che ho in mente, ecco.

Cogliamo la palla al balzo per scappare da quel posto allagato e maledetto, e iniziamo a smontare la baracca e impacchettare tutto con l’intenzione di correre più lontano possibile da Arlie Beach e le sue tempeste, con il mio cuore spezzato e amareggiato per il mancato sogno realizzato. Prima di andare, evidentemente tardi per prevedere un rimborso per il posto nel camping per la notte che non passeremo li, tentiamo comunque di dire in reception che c’è ne andiamo, corredato da “ma non è che qualocosa ce la ridate?”. E sapere che c’è? Il karma è stato benevolo, l’ultima note non era stata ancora addebitata sulla carta, e scappiamo più veloci della luce da quel posto, contenti e felici degli inaspettati risultati.

Segnare sul taccuino di viaggio: mai più campeggio senza aver controllato il meteo prima. Mai più.

La prossima tappa a quel punto è un’altra costa, per andare su un’altra isola (di consolazione) ma è un po’ lontana, dunque decidiamo di fermarci a dormire in un paesino a metà strada, a 5 ore da noi dal nome di Rockhampton. La notte dormiamo in un motel all’americana (quelli con i parcheggi davanti alle stanze) e ci divertiamo perché sembra di esser in un film.

Breve stacco libresco; cosa ho letto durante queste lunghe ore di viaggio?

Stare in macchina tanto tempo ed essere il guidatore di riserva mi sta aiutando a leggere in maniera matta e disperatissima. Ho letto in un battibaleno questa settimana la parte del gruppo di lettura, per il quale stiamo leggendo Dalla parte di Swann di Proust; libro che mi ha preso in contropiede per la fatica con cui lo stavo leggendo, mentre l’ultima parte l’ho letta in un soffio e molto piacevolmente.

Ho iniziato (e quasi finito) Harry Potter e i doni della morte in pochi giorni. È stato difficilissimo non finirlo subito per un semplice motivo: ho questa regola mentale, specialmente in viaggio, di non potere finire un libro fintanto che non recensisco l’ultimo volume letto; se no la mia tendenza a procrastinare prende il sopravvento, in periodi come questo finisco trecentomila libri e non ho tempo ne voglia di farne le recensioni tutte assieme, all’ultimo. Dunque ecco il motivo per cui non è ancora finito. Ma fidatevi, secondo me durerà poco la condizione.

Infine sto leggendo anche Kafka sulla spiaggia del mio adorato Murakami barili (il primo Murakami del 2019) in una lettura condivisa transoceanica con la mia amica Sam di Leggo quando voglio: leggiamo solo 50 pagine al giorno e chiacchieriamo su questo romanzo che per il momento sta piacendo molto ad entrambe, nonché entrambe adoriamo il maestro Murakami.

Ora mi trovo ad Hervey Bay, località turistica che è di fronte a Fraser Island, la più grande isola di sabbia al mondo nonché un altro paradiso terrestre; siamo arrivati ieri, e ci fermeremo altre due notti poiché domani c’è ne andiamo proprio a Fraser a vedere l’isola in un tour in giornata (incrociate le dita per me vi prego).

Sono emozionata ma non mi sbilancio, proprio per evitare ritorsioni come qui di sopra. Domenica partiremo per Brisbane invece, la prima grande città che visiteremo durante il nostro viaggio.

Con i primi 1467 kilometri alle spalle vi saluto miei cari lettori, terminando così i racconti di viaggio di questa settimana.

La prossima settimana chissà dove ci porterà il vento.

Baci e abbracci

Sempre vostra

Giorgia

Se vi è piaciuto il mio capitolo 29 qui sotto trovate tutti i capitoli precedenti.

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